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diceste qual sia codest’affare che tanto vi preme; ve ne darei il mio parere. Avete tempo fin che volete, non essendo voi aspettato se non a mezzogiorno, e da qui a mezzodì mancano ancor tre ore. — Io non bado a questo,» soggiunsi; «gli uomini d’onore e di parola prevengono il tempo stabilito; ma non m’avveggo che dando ascolto alle vostre ciance, cado nel difetto de’ barbieri ciarloni: orsù, finite di radermi. —

«Più io dimostrava premura, e meno egli ne metteva ad obbedirmi. Lasciò il rasoio per prendere l’astrolabio; poi, lasciando l’astrolabio, ripigliò il rasoio....»

Scheherazade, vedendo apparire il giorno, si tacque; e la notte seguente proseguì in tal modo il suo racconto:


NOTTE CLXIV


— «Il barbiere,» continuò lo zoppo, «depose di nuovo il rasoio, prese per la seconda volta l’astrolabio, e mi lasciò mezzo rasato per andar a vedere l’ora precisa; indi, tornando: — Signore,» mi disse, «sapeva ben io di non ingannarmi; mancano ancor tre ore al mezzogiorno, ne son certo, o tutte le regole dell’astronomia sono false. — Giusto cielo!» sclamai; «non ho più pazienza, più non posso frenarmi. Maledetto barbiere, barbiere del diavolo, poco manca che non ti pigli pel collo e non ti strangoli! — Adagio, signore, adagio,» diss’egli freddamente, senza commoversi al mio sdegno; «non temete di ricader malato! Non vi lasciate trasportare, sarete servito in un momento.» Sì dicendo, ripose nella borsa l’astrolabio, ripigliò il rasoio, ripassandolo sul