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della mia guardaroba. — Non vi domando,» mi disse, «come stiate: l’occupazione in cui vi vegga, mi fa abbastanza conoscere cosa debbo pensarne; ma non prenderete un bagno prima di recarvi dal primo cadì? — Ci vorrebbe troppo tempo,» le risposi; «mi contenterò di mandar a chiamare un barbiere, e farmi radere i capelli e la barba.» Ordinai tosto ad uno schiavo di cercarmene qualcuno abile e spiccio nella sua professione.

«Lo schiavo mi condusse lo sciagurato barbiere che vedete, il quale, salutatomi mi disse: — Signore, mi sembra dalla vostra ciera che non vi sentiate bene.» Gli risposi ch’era convalescente. — Desidero,» ripigliò egli, «che Dio vi liberi da ogni sorta di mali, e che la sua grazia sempre vi accompagni. — Spero,» gli replicai, «ch’egli esaudirà questo mio voto, del quale vi sono molto grato. — Poichè siete ancor fresco di malattia,» soggiunse costui, «prego Dio che vi conservi in salute. Ditemi ora di che si tratta; ho portato rasoi e lancette: desiderate che vi rada o vi cavi sangue? — V’ho pur detto,» ripigliai, «che sono convalescente, e dovete ben comprendere che non vi feci chiamare per altro se non per radermi; sbrigatevi, e non perdiamo il tempo in vane ciance; ho premura, e sono aspettato a mezzodì preciso.»

Scheherazade a questo passo tacque a cagione del giorno che appariva. Alla domane ripigliò il racconto in cotal guisa:


NOTTE CLXI


— «Il barbiere,» disse il giovane zoppo di Bagdad, «mise molto tempo a spiegare la sua borsa, e