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morte. Como posso io avervi contribuito? — Come!» ripigliai. «E che? Non vi diceva io ier l’altro che egli stava seduto davanti alla vostra finestra, quando l’apriste per inaffiare il vaso di fiori? Ei vide questo prodigio di bellezza, queste attrattive che il vostro specchio vi raffigurano ogni giorno; da quel momento, ei languisce, ed il suo male è di tanto accresciuto, da essere in fine ridotto alla compassionevole condizione cui ebbi l’onore di dirvi.»

Scheherazade cessò qui di parlare, vedendo comparire il giorno. La notte seguente proseguì in questi termini la cominciata storia del giovine zoppo di Bagdad:


NOTTE CLX


— Sire, la vecchia dama, continuando a riferire al giovine malato d’amore il colloquio avuto colla figlia del cadì:

«— Voi ben vi ricordate, o signora» soggiunse, «con qual rigore mi trattaste ultimamente, quando volli parlarvi della sua malattia, e proporvi il mezzo di liberarlo dal pericolo in cui versava: tornai da lui dopo avervi lasciata, e non appena conobb’egli, al vedermi, che non gli portava risposta favorevole, il suo male si aggravò. Da quel tempo, o signora, è al punto di morte, e non so se potreste salvargli la vita, quand’anche aveste di lui pietà.

«Ecco che cosa le dissi,» continuò la vecchia; «il timore della vostra morte la scosse, e la vidi cangiar di colore. — È mai possibile ciò che mi narrate?» chies’ella; «ed egli non è veramente malato se non per amor mio? — Ah! signora,» risposi, «pur