Pagina:Le mille e una notti, 1852, I-II.djvu/492


82

«— Signore,» risposi, «sono confuso di tutte le vostre bontà, e non potrò mai dimostrarmene abbastanza riconoscente. — Orsù,» interrupp’egli, «non perdiamo il tempo in vani discorsi.» Sì dicendo, fece chiamare alcuni testimoni, e sposai sua figliuola senza cerimonie.

«Non si contentò egli d’aver fatto punire il gioielliere, mio falso accusatore, ma ne fece confiscare a mio pro tutte le sostanze. Infine, dacchè venite in casa del governatore, avrete potuto vedere di qual considerazione io goda appo di lui. Vi dirò inoltre, che un messo da’ miei zii espressamente spedito in Egitto per cercarmi, avendo, nel passare, scoperto che mi trovava in questa città, mi consegnò ieri una lettera, nella quale essi mi partecipano la morte di mio padre, e m’invitano ad andar a raccogliere, la sua eredità a Mussul; ma siccome la parentela e l’amicizia del governatore mi tengono a lui legato, e non mi permettono d’allontanarmi, rimandai il messo con una procura per farmi consegnare quanto mi appartiene. Ora, spero vorrete perdonarmi l’inciviltà che uscii, durante il corso della mia malattia, presentandovi la mano sinistra invece della destra. —

«Ecco,» disse il medico ebreo al sultano di Casgar, «cosa mi raccontò il giovane di Mussul. Io rimasi a Damasco finchè visse il governatore; morto che fu, trovandomi sul fior degli anni, ebbi la curiosità di viaggiare. Percorsi tutta la Persia, andai alle Indie, e finalmente venni a stabilirmi nella vostra capitale, ove esercito con onore la professione di medico. —

«Il sultano di Casgar trovò dilettevole quest’ultima storia. — Confesso, » disse all’ebreo, «che il tuo racconto è straordinario, ma, per dir la verità, la storia del gobbo lo è vie maggiormente; non isperare dunque che doni la vita a te più che agli altri; ora