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NOTTE CLIV


— Sire, il giovine di Mussul, continuando a raccontare la sua storia al medico ebreo:

«Aspettai con impazienza le due dame,» diss’egli, «le quali arrivarono alfine al calar della notte. Si tolsero il velo l’una e l’altra; e s’io era rimasto sorpreso dalla bellezza della prima, ebbi argomento di esserlo vie più, quando vidi l’amica sua; aveva desse lineamenti regolari, un volto perfetto, un colorito vivace, ed occhi sì brillanti che poteva appena sostenerne il fulgore. La ringraziai dell’onore che mi faceva, e la pregai a scusarmi se non la riceveva come meritava. — Lasciamo da parte i complimenti,» essa rispose; «toccherebbe a me il farvene, avendo permesso alla mia amica di qui condurmi; ma poichè vi contentate di soffrirmi, lasciamo le cerimonie, e non pensiamo che a star allegri. —

«Avendo io dato ordine che all’arrivo delle dame ci fosse servita la cena, in breve ci mettemmo a tavola. Io stava seduto rimpetto alla nuova venuta, la quale non cessava di guardarmi sorridendo; non potei resistere alle sue occhiate affascinatrici, ed essa si fe’ padrona del mio cuore, senza potermene difendere. Ma anch’ella arse d’amore ispirandomene, e lungi dal dissimularlo, mi disse mille tenere cose.

«L’altra dama, che ci osservava, ne rise sulle prime. — Ve l’aveva pur detto,» sclamò, volgendosi a me, «che trovereste amabile la mia amica, e già veggo avete ormai violato il vostro giuramento di essermi fedele. — Signora,» le risposi ridendo anch’io, «avreste motivo di lagnarvi di me se mancassi di