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dì dopo, lasciandomi, promise di tornarmi a vedere di nuovo fra tre giorni; ma non volle partire se non ebbi prima ricevuto dieci altri scerifi.
«Tornata per la terza volta, e quando il vino ci ebbe riscaldati entrambi, ella mi disse: — Cuor mio, che cosa pensate di me? Non son io bella e scherzosa? — Signora,» le risposi, «questa domanda, a quanto mi sembra, è inutile: tutti i segni d’amore che vi do debbono persuadervi del mio affetto. Sono incantato di vedervi e possedervi! Voi siete la mia regina, la mia sultana, e formate tutta la felicità della mia vita! — Ah! son certa,» soggiunse la dama, «che cessereste di tenere simile linguaggio, se aveste veduto una mia amica più giovine e leggiadra di me! È dessa d’umore sì giocondo, che farebbe ridere i più malinconici. Bisogna che ve la conduca qui. Le ho parlato di voi, e da quanto gliene dissi, muor di voglia di vedervi; laonde mi pregò di procurarle tal favore, ma non osai soddisfarla, senza prima avervene parlato. — Signora,» risposi, «fate il piacer vostro, ma checchè possiate dirmi della vostra amica, sfido tutte le sue attrattive a rapirvi il mio cuore, sì fortemente a voi legato, che nulla è capace di staccarnelo. — Badate a quello che dite,» replicò colei; «vi avverto che sto per mettere l’amor vostro ad una prova singolare. —
«Così intesi, il giorno appresso, nel lasciarmi, invece di dieci scerifi, me ne diè quindici, che mi costrinse ad accettare. — Ricordatevi,» disse, «che tra due giorni avrete una nuova ospite, e pensate ad accoglierla bene; verremo all’ora solita, dopo il tramonto.» Feci adunque ornare la sala, e preparare un buon pasto pel giorno che dovevano venire.»
Scheherazade, a questo passo, notando ch’era giorno, s’interruppe; ma la notte seguente proseguì a questo modo: