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vantaggiosa per me, che vi guadagnai il cinque per uno. Cotesta vendita produsse una somma ragguardevole, della quale fui lietissimo di vedermi possessore.

«Mio padre ed i miei zii mi lasciarono adunque a Damasco, e proseguirono il viaggio. Dopo la loro partenza, ebbi cura di non ispendere inutilmente il mio denaro, ma tuttavia noleggiai una casa magnifica, tutta di marmo, ornata di pitture a fogliami d’oro ed azzurro, con un giardino ove vedeansi bellissime lontane. L’ammobigliai, non già in vero colla ricchezza che richiedeva la magnificenza del luogo, ma almeno con molta decenza per un giovine della mia condizione. Aveva essa altre volte appartenuto ad uno dei principali signori della città, chiamato Modun Abdalraham, ed era allora di proprietà d’un ricco mercante di gioie, al quale non pagava che due scerifi al mese (1). Io aveva molti domestici; viveva onorevolmente, convitando talvolta le persone colle quali aveva fatto conoscenza, e qualche volta andando a pranzo da loro; e così passava il tempo, aspettando il ritorno di mio padre. Nessuna passione turbava il mio riposo, e l’amicizia delle oneste persone formava l’unica mia occupazione.

«Un giorno ch’era seduto alla porta della mia casa a prendervi il fresco, una dama molto ben vestita, e che pareva di leggiadre forme, mi si presentò, e chiesemi se vendessi stoffe. Ciò dicendo, entrò in casa...»

Qui Scheherazade, vedendo albeggiare, tacque; e la notte seguente riprese in questi termini:

  1. Lo scerifo vale uno zecchino