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dell’Egitto, nè più bel fiume del Nilo; e quello che ne raccontò me ne porse sì alta idea che, da quel momento, concepii il desiderio di andarvi. Quanto gli altri miei zii poterono dire per dar la preferenza a Bagdad ed al Tigri, chiamando Bagdad il vero soggiorno della religione musulmana, e la metropoli di tutte le Città della terra, non fece su me la medesima impressione. Mio padre appoggiò il sentimento del fratello che aveva parlato in favore dell’Egitto, cagionandomi sì gran piacere; — Checchè se ne possa dire,» gridò egli, «chi non vide l’Egitto, non ha veduto quanto di più singolare è al mondo. La terra ivi è tutta d’oro, cioè sì fertile che arricchisce i suoi abitatori. Tutte le donne incantano per la loro bellezza e le graziose maniere. Se parliamo del Nilo, v’ha fiume più magnifico? Qual acqua fu mai più leggiera e deliziosa? Il limo stesso che seco trascina nello straripare, non ingrassa forse i campi, quali producono senza lavoro mille volte più delle altre terre, con tutta la fatica che si fa per coltivarle? Sentite cosa un poeta, costretto ad abbandonare l’Egitto, diceva agli Egiziani:
«Il vostro Nilo vi colma ogni giorno di benefizi: e per voi soli ch’egli viene sì da lontano. Aimè! allontanandomi da voi, mi sgorgano le lagrime in egual copia delle sue acque. Voi continuerete a godere delle sue dolcezze, mentre io son condannato a privarmene contro voglia.»
«Se guardate,» aggiunse mio padre, «dalla parte dell‘isola formata dai due maggiori rami del Nilo, qual varietà di verzura, quale smalto di variopinti fiori, qual prodigioso numero di città, di borghi, di canali e mille altri gradevoli oggetti! Se volgete gli occhi dall’altra parte; rimontando verso l’Etiopia, quanti altri soggetti d’ammirazione! Non saprei paragonar meglio la verzura di tante campagne irrigate dai di-