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volte che volli toccargli il polso, sempre mi porse la sinistra. Il decimo giorno, mi parve guarito, e gli dissi che aveva bisogno soltanto d’andare al bagno. Il governatore di Damasco, che trovavasi presente, per dimostrarmi il suo contento, mi fece al suo cospetto rivestire d’un magnifico abito, dicendomi che mi faceva medico dell’ospedale della città, e medico ordinario della sua casa, ove poteva andar liberamente a mangiare alla sua tavola, quando mi piacesse.
«Anche il giovane mi esternò grandi attenzioni, e mi pregò di accompagnarlo al bagno. Vi entrammo, e quando la sua gente l’ebbe spogliata, vidi che gli mancava la mano destra. Notai anche non essere molto tempo ch’eragli stata troncata: anzi era la cagione da me ignorata della sua malattia; e mentre vi si applicavano medicamenti atti a guarirlo in breve, mi avevano chiamato per impedire che la febbre sopraggiuntagli, non portasse sinistre conseguenze. Rimasi stupito ed afflittissimo, insieme al vederlo in quello stato: egli se ne accorse. — Medico,» mi disse, «non vi maravigliate di vedermi monco; ve ne dirò un giorno o l’altro il motivo, ed udrete una storia delle più sorprendenti. —
«Usciti dal bagno, ci mettemmo a tavola, e conversando insieme, mi domandò se poteva, senza alterare la sua salute, andar a passeggiare fuor della città, nel giardino del governatore. Gli risposi non solo poterlo fare, ma che gli sarebbe anzi salutarissimo il prender aria. — Se così è,» replicò egli, «e se volete tenermi compagnia, vi racconterò colà la mia storia.» Gli ripetei ch’io era a sua disposizione per tutto il resto della giornata. Comandò dunque ai servi d’ammannir la colazione, indi partimmo pel giardino del governatore. Fatti due o tre giri, sedemmo sur un tappeto che i suoi schiavi spiegarono