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per ordine suo, ch’ebbi motivo di esserne soddisfattissimo.

«Parlò Zobeide col califfo della risoluzione presa di meritare la favorita; ed il principe, lasciandole la facoltà di fare a proprio talento, accordò alla favorita medesima una somma ragguardevole, onde contribuire da parte sua allo stabilimento di lei. Scorsi i dieci giorni, fe’ Zobeide estendere in buona regola il contratto di matrimonio, e fatti i preparativi per le nozze, si chiamarono i musici, i ballerini e le ballerine, e per nove giorni v’ebbe nel palazzo grande allegria. Giunto il decimo giorno destinato all’ultima cerimonia degli sponsali, la favorita fu condotta al bagno da una parte ed io dall’altra; e verso sera, essendomi posto a tavola, mi servirono d’ogni sorta di cibi ed intingoli, fra’ quali un ragù d’aglio come quello, del quale fui testè costretto a mangiare. Lo trovai sì buono, che non toccai quasi affatto l’altre vivande. Ma, per mia disgrazia, alzatomi da tavola, mi contentai d’asciugar le mani invece di ben lavarle; ed era quella una negligenza non mai fin allora accadutami.

«Essendo già notte, si supplì alla luce del giorno, nell’appartamento delle dame, con una grande illuminazione. Si suonarono gli strumenti, si danzò, si fecero mille giuochi: tutto il palazzo rintronava di grida d’allegrezza. Mia moglie ed io fummo introdotti in una gran sala, ove ci fecero sedere su due troni.

«Le donne che la servivano, l’aiutarono a cangiare parecchie volte d’abito, e le dipinsero il volto in varie guise, secondo l’uso praticato il giorno delle nozze; ed ogni volta che cambiava l’abito, me la facevano vedere.

«Finalmente, finite tutte le cerimonie, ci avviammo alla camera nuziale, deve, lasciatici soli, mi avvicinai alla sposa per abbracciarla; ma invece di cor-