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la sera, e quando fu tempo partii. Assistetti alla preghiera d’un’ora e mezzo dopo il tramonto nella moschea, ove rimasi per l’ultimo.

«Vidi in breve approdare un battello, i cui rematori erano tutti eunuchi, e che, sbarcati, portarono nella moschea parecchi grandi bauli, e poscia se ne andarono; uno solo rimase, cui riconobbi per quello che sempre accompagnava la dama, ed avevami parlato alla mattina. Poco dopo vidi entrare anche la dama; andatole incontro, le dichiarai di essere pronto ad eseguire i suoi cenni. — Non abbiamo tempo da perdere,» mi rispose; sì dicendo, aprì uno de’ forzieri e mi ordinò di nascondermi là entro. — È cosa,» soggiunse, «necessaria alla vostra ed alla mia sicurezza. Non temete, e lasciatemi disporre del resto.» Era troppo avanti per ritirarmi; soddisfeci al suo desiderio, ed essa tosto richiuse il bacio a chiave. Poi l’eunuco, ch’era a parte del suo piano, chiamò gli altri che avevano portati i forzieri, e li fece riportare tutti nel battello; indi, essendosi la dama e l’eunuco imbarcati, cominciarono a vagare verso il palazzo reale.

«Intanto, io faceva serie riflessioni, e considerando il pericolo in cui versava, mi pentii d’essermi così esposto, e feci voti e preghiere ch’erano fuor di luogo.

«Approdò infine il battello alla porta del palazzo del califfo; scaricaronsi i forzieri, che furono portati nell’appartamento dell’officiale degli eunuchi, il quale ha in custodia la chiave di quello delle donne, nè vi lascia entrar cosa alcuna senz’averla prima ben visitata. Quell’officiale era già a letto, talchè fu d’uopo svegliarlo e farlo alzare. — Ma, sire,» disse Scheherazade a questo passo, «veggo che il giorno comincia a spuntare.» Schahriar si alzò per andar a presiedere il consiglio, e nella risoluzione d’udire all’indomani il seguito d’una storia da lul fin allora ascoltata con piacere.