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corcossi di nuovo con Scheherazade. L’indomani, prima dello spuntar dell’alba, Dinarzade non mancò di volgersi alla sorella, e dirle: — Diletta sorella, se non dormi, ti supplico, aspettando il giorno, di continuare il racconto di ieri.» Il sultano non attese che Scheherazade gliene chiedesse licenza. — Terminate,» le disse, «il racconto del genio e del mercadante; io sono impaziente di udirne la fine.» Scheherazade cominciò allora a parlare, e proseguì il racconto in questi sensi.
NOTTE II
«Sire, quando il mercadante vide che il genio stava per troncargli il capo, mise un grande strido, e disse: — Fermatevi per pietà, udite ancora una parola. Abbiate la bontà di accordarmi una dilazione; datemi il tempo di recarmi a salutare mia moglie ed i miei figliuoli, e dividere tra loro i miei averi, con un testamento che ancora non ho fatto, acciò non abbiano litigi dopo la mia morte. Quando avrò tutto accomodato, io tornerò tosto in questo stesso luogo per sottomettermi a tutto ciò che vi piacerà fare di me. — Ma,» disse il genio, «se io ti concedo la dilazione che mi domandi, temo tu non abbia più a tornare. — Se voi prestate fede al mio giuramento,» ripigliò il mercadante, «io giuro pel Dio del cielo e della terra che verrò qui a trovarvi senza alcun fallo. — Quanto tempo brami tu per questa dilazione? — Io vi chiedo un anno; ci vuole uno spazio non minore per accomodar i miei affari e dispormi a rinunciare senza rammarico al piacere della vita. Io vi prometto adunque che da domani ad un anno, verrò indubitatamente sotto questi alberi per rimettermi nelle vostre mani. — Prenderai tu Dio in testimonio della promessa che