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cui m’incolpava. Infine, sostenevano ch’io era innocente; ma mentre trattenevano il cavallo per favorire la mia fuga, volle sventura che passasse di là il luogotenente di polizia, seguito dalle sue guardie, che vedendo tanta gente raccolta intorno a me ed al cavaliere, accostatosi, domandò cosa fosse accaduto. Non vi fu alcuno il quale non accusasse il cavaliere di avermi ingiustamente maltrattato, col pretesto che gli avessi rubato.

«Non si accontentò il luogotenente di polizia di quanto udiva; ma voltosi al cavaliere, gli domandò se non sospettasse qualcun altro d’averlo derubato. Il cavaliere rispose di no, e dettegli le sue ragioni onde credere di non ingannarsi ne’ suoi sospetti, il luogotenente di polizia, ascoltatolo, ordinò alle guardie di arrestarmi e frugarmi addosso; fu eseguito tosto il comando: ed uno di essi, toltami la borsa, la mostrò pubblicamente. Non potei reggere a tanta vergogna, e caddi svenuto. Il luogotenente di polizia si fece portare la borsa....»

— Ma sire, ecco il giorno,» disse Scheherazade interrompendosi; «se vostra maestà si degna lasciarmi in vita ancora fino a domani, intenderà il seguito di questa storia.» Schahriar, che non aveva altro pensiero, si alzò senza risponderle, ed andò pe’ suoi doveri.


NOTTE CXXXVIII


Sul finire della notte seguente, la sultana volse così la parola a Schahriar: — Sire, il giovane di Bagdad, continuando la sua storia: