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coste sì forte, che lo fe’ rotolare abbasso, e poco mancò non cadesse anch’egli. — Ma fa presto col lume!» gridò alla fantesca. Giunse quella finalmente; egli scese con lei, e trovando che la cosa rotolata giù era un uomo morto, fu sì attonito da tale spettacolo, che invocò Mosè, Aronne, Giosuè, Esdra e tutti gli altri profeti della sua legge. — Misero me!» sclamò egli. «Perchè volli scendere senza candela? Ho finito di uccidere l’ammalato che mi avevano condotto. Io sono cagione della sua morte, e se il buon asino di Esdra (1) non mi soccorre, sono perduto. Aimè! presto mi arresteramo come un assassino. —

«Malgrado il turbamento che lo agitava, non lasciò di aver la precauzione di chiudere la porta, nel timore che venendo qualcuno a passare per caso in quella via, non si accorgesse della disgrazia, onde si credeva autore. Preso quindi il cadavere, lo portò nella stanza della moglie, la quale poco mancò non perdesse i sensi, quando lo vide entrare con quel carico fatale. — Ah! è finita per noi.» gridò essa, «se non troviamo il mezzo di portar quel morto fuor di casa nostra questa notte! Siamo perduti senza fallo se lo teniamo qui fino a giorno. Qual disgrazia! Come mai faceste ad ammazzare quell’uomo? — Non si tratta di ciò,» rispose l’Ebreo, «si tratta di trovar rimedio ad un male sì urgente...»

— Ma, sire,» disse Scheherazade interrompendosi, «non rifletteva ch’è già giorno.» E tacque; la notte seguente poi proseguì di tal guisa la storia del Gobbetto:

  1. Questo è l’asino che, secondo i Maomettani, servì di cavalcatura a Esdra, reduce a Gerusalemme dalla cattività di Babilonia.