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mensa; ma nel mangiare, il gobbo inghiottì per disgrazia una spina od un osso, ed in pochi momenti ne morì, senza che il sarto e la sua donna potessero metterci riparo; rimasero amendue tanto più spaventati del funesto caso, in quanto che, essendo accaduto in casa loro, temevano che, venuta a saperlo la giustizia, non li punisse come omicidi. Infine il marito trovò un espediente per disfarsi del cadavere; riflettuto che colà vicino abitava un medico ebreo, e su questo formato un disegno, per cominciar ad eseguirlo, sua moglie ed egli presero il gobbo pei piedi e per la testa, e lo portarono fino alla casa del medico. Bussato alla sua porta, cui metteva capo una ripidissima scala, per la quale salivasi alle di lui stanze, tosto ne scende una serva senza lume, apre, e domanda che cosa desiderassero. — Vi prego di risalire,» rispose il sarto, «e dite al vostro padrone che gli conduciamo un ammalato, affinchè gli prescriva qualche rimedio. Prendete,» soggiunse, mettendole in mano una moneta d’argento, «dategli questa in anticipazione, onde si persuada non esser nostra intenzione di fargli gettar il tempo.» Mentre la serva risaliva per partecipare al medico ebreo sì buona ventura, il sartore e la moglie portarono ratti il cadavere del gobbo in cima alla scala, e colà depostolo, tornarono in fretta a casa.

«Frattanto, avendo la serva detto al medico che un uomo ed una donna lo aspettavano alla porta, pregandolo di scendere per veder un ammalato che avevano condotto, e messogli in mano il danaro ricevuto, si lasciò egli trasportare dal giubilo, e vedendosi pagato prima, stimò fosse una buona clientela da non doversi trascurare. — Prendi presto il lume,» disse alla donna, «e seguimi.» Sì dicendo, si avanzò verso la scala con tanta precipitazione, che non aspettò il lume, e scontratosi nel gobbo, lo urtò col piede nelle