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che mi pare di risentirmene ancora. Infine, avevano fatto venire un falegname, ordinandogli di erigere un palo per impiccarmi. Ma sia benedetto Iddio che tutto ciò è il solo effetto d’un sogno!»

Scheherazade, a questo passo, scorgendo il giorno, cessò di parlare; Schahriar non potè trattenersi dal ridere perché Bedreddin Hassan avesse preso una cosa reale per sogno. — Bisogna convenire,» diss’egli, «che ciò mi diletta assai, ed io son persuaso che all’indomani il visir Schemseddin Mohammed e sua cognata se ne saranno sommamente divertiti. — Sire,» rispose la sultana, «questo è quanto avrò l’onore di narrarvi la prossima notte, se vostra maestà si degna lasciarmi in vita fin allora.» Il sultano si alzò senza rispondere, ma era ben lungi dal pensar diversamente.


NOTTE CXXII


Scheherazade, destatasi avanti giorno, ripigliò così la parola: — Sire, Bedreddin non passò tranquilla la notte; svegliavasi di tempo in tempo, domandandò a sè medesimo se dormiva o fosse desto. Diffidava della sua fortuna, e cercando di accertarsene, apriva le cortine ed esaminava tutta la camera. — Non m’inganno,» diceva; «ecco la medesima stanza, nella quale sono entrato in vece del gobbo, ed io mi trovo colla bella dama ch’era a lui destinata.» Non aveva ancora la luce del giorno dissipata la sua inquietudine, quando il visir Schemseddin, suo zio, bussò all’uscio, e quasi subito entrò per dargli il buon giorno.

«Bedreddin Hassan fu estremamente sorpreso vedendo comparire repentinamente un uomo cui ben conosceva, ma il quale più non aveva quell’aria, di