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con grande attenzione, e figurandosi, nel guardarlo, che forse aveva un figlio simile dall’amabile sposa, dalla quale era stato sì presto e tanto crudelmente divelto, quel pensiero gli trasse qualche lagrima dagli occhi. Preparavasi ad interrogare il picciolo Agib sullo scopo del suo viaggio a Damasco; ma non ebbe il fanciullo tempo di soddisfare alla di lui curiosità, poichè l’eunuco, che lo sollecitava a tornare alle tende dell’avo, lo ricondusse appena ebbe finito di mangiare. Bedreddin Hassan non si contentò di seguirli coll’occhio; chiuse subito la bottega, e corse loro dietro....»

Qui Scheherazade, vedendo il giorno, cessò di parlare; e Schahriar alzossi risoluto di udir tutta intiera quella storia, lasciandola vivere fino a quel tempo.


NOTTE CXIII


L’indomani, prima di giorno, Dinarzade svegliò la sorella, la quale così ripigliò il suo discorso:

— «Bedreddin Hassan,» continuò Giafar, «corse dunque dietro ad Agib ed all’eunuco, e li raggiunse prima che arrivassero alla porta della città. L’eunuco, accortosi che li seguiva, ne rimase sorpreso, e: — Importuno,» gli disse in collera, «che cosa volete? — Mio buon amico,» Bedreddin rispose, «non vi sdegnate; ho fuor di città un affaruccio di cui mi sono scordato, ed al quale è duopo che vada a metter ordine.» Quella risposta non appagò l’eunuco, il quale, voltosi ad Agib, gli disse: — Ecco che cosa mi avete tirato addosso. L’aveva ben preveduto io di dovermi pentire della mia condiscendenza: avete voluto entrare nella bottega di quell’uomo, e fui uno sciocco