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A questo passo Scheherazade cessò di parlare, essendo per comparire il giorno; ma la notte seguente riprese il suo discorso, e disse al sultano dell’Indie:


NOTTE CVI


— Sire, il gran visir Giafar, continuando a narrare la storia di Bedreddin Hassan:

«Quando la sposa,» proseguì egli, «vide che il padre le rimproverava la di lei appariscente allegrezza, gli disse: — Signore, non mi fate, di grazia, sì ingiusto rimprovero: non è già il gobbo, cui detesto più della morte, non è quel mostro ch’io ho sposato. Tutti gli hanno fatto fare una tal figura, che fu costretto ad andar a nascondersi, e cedere il luogo ad un giovine amabile, ch’è il mio vero marito. — Qual favola mi andate contando?» interruppe bruscamente Schemseddin Mohammed. «Come! il gobbo non ha passata la notte con voi? — No signore,» rispose quella; «io non ho dormito se non col giovine di cui vi parlo, il quale ha due begli occhi e grandi sopracciglia nere.» A tali parole perdè il visir la pazienza, e montò in furia contro la figliuola. — Iniqua,» le disse, «volete farmi perdere il cervello con simili discorsi? — Siete voi, padre mio,» rispos’ella, «che mi confondete colla vostra incredulità. — Non è dunque vero,» replicò il visir, «che il gobbo... — Oh, lasciamo stare il gobbo,» interruppe la giovine precipitosameme; «maledetto sia il gobbo! Dovrò sempre udir parlare del gobbo? Ve lo ripeto di nuovo, padre,» soggiunse, «io non ho passata la notte con lui, ma coll’amabile sposo di cui vi parlo, e che non dev’ essere di qui lontano. —

Mille ed una Notti. I. 23