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Le donne che le stavano intorno, gli dicevano la medesima cosa, nè badando d’essere dal gobbo udite, facevangli anzi mille smorfie; lo che molto divertiva gli spettatori.

«Finita la cerimonia di cangiar d’abito tante volte, cessarono i suonatori dalle sinfonie, e ritiraronsi, accennando a Bedreddin di fermarsi. La medesima cosa fecero le dame, ritirandosi anch’esse con tutti gli altri estranei alla casa. Intanto la sposa entrò in un gabinetto, ove la seguirono le donne per ispogliarla, e non rimasero più nella sala che il palafreniere, Bedreddin Hassan ed alcuni servi. Il gobbo, ch’era fleramente adirato col giovane, il quale gli dava ombra, lo squadrò con brusco cipiglio, e gli disse: — E tu, chi aspetti? Perchè non parti cogli altri? Vattene.» Non avendo Bedreddin alcun pretesto per rimanere, uscì molto imbarazzato; ma non era ancor fuori del vestibolo, che presentatisegli il genio e la fata, lo fermarono. — Dove andate?» gli disse il genio. «Fermatevi: il gobbo non è più in sala, essendone uscito per qualche bisogno; rientrate, ed introducetevi nella stanza della sposa. Appena sarete solo con lei, ditele arditamente che siete suo marito; che l’intenzione del sultano fu di divertirsi a spese del gobbo, e che per acchetare il preteso marito, gli faceste preparare un buon piatto di crema nella sua stalla. Ditele insomma tutto quello che vi verrà in mente onde persuaderla; bel giovane come siete, ciò non vi riescirà difficile, e grande sarà la sua gioia d’essere stata sì piacevolmente ingannata. Intanto noi andremo a far in modo che il gobbo non rientri, e v’impedisca di passare la notte colla sposa; essendo ella vostra, e non sua. —

«Mentre il genio incoraggiva in tal guisa Bedreddin, istruendoli di ciò che doveva fare, il gobbo era infatti uscito dalla sala. Il genio s’introdusse pertanto