Pagina:Le mille e una notti, 1852, I-II.djvu/357


337

Isacco proseguiva il suo cammino verso la città, Bedreddin continuò verso la tomba del padre Nureddin Alì, e giuntovi, si prosternò a terra, e cogli occhi bagnati di lagrime, si mise a lamentare la sua miseria. — Aimè,» diceva, «sfortunato Bedreddin, che cosa sarà di te? Dove andrai a cercare un ricovero contro il principe ingiusto che ti perseguita? Non bastava l’afflizione della perdita di un padre sì caro? Dovea la fortuna aggiungere una nuova sciagura al mio cordoglio?» Rimase a lungo in quella situazione; ma finalmente si alzò, ed appoggiato il capo al sepolcro del genitore, rinnovossi il suo dolore con maggior violenza di prima, e non cessò di sospirare e lagnarsi sinchè, soccombendo al sonno, tolta via la testa dal sepolcro, si distese sul suolo e s’addormentò.

«Gustava appena le dolcezze del sonno, quando un genio, il quale aveva stabilito il suo ritiro nel cimitero durante il giorno, disponendosi quella notte a percorrere il mondo, secondo il consueto, vide il giovine nella tomba di Nureddin Alì. Vi entrò, e siccome Bedreddin stava sdraiato supino, fu sbalordito della di lui avvenenza...»

Il giorno che spuntava non permise a Scheherazade di proseguire la storia; ma l’indomani, all’ora solita, la continuò come segue:


NOTTE XCVIII


— «Quando il genio,» ripigliò il gran visir Giafar, «ebbe attentamente rimirato Bedreddin Hassan, disse tra sè: — A giudicare di questa creatura dalla sua buona fisonomia, sembra esso un angelo del paradiso

Mille ed una Notti. I. 22