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scondere il volto, fuggì senza sapere da qual parte volger i passi per iscampare al sovrastante pericolo. Primo suo pensiero fu di raggiungere in fretta la porta più vicina della città; poi corse senza fermarsi al pubblico cimitero; e siccome calava la notte, pensò di andarla a passare nella tomba di suo padre, edifizio di bella apparenza, in forma di cupola, che Nureddin Alì aveva fatto erigere ancor vivente; ma incontrato per via un Ebreo, ricchissimo banchiere e mercante di professione, che tornava alla città da certo luogo, dove aveanlo chiamato i suoi affari, e riconosciuto da costui, si fermò esso, e salutò rispettosamente Bedreddin...»

La sorgente aurora impose qui silenzio a Scheherazade, la quale ripigliò il suo discorso la notte successiva:


NOTTE XCVII


— «L’Ebreo,» proseguì, «che si chiamava Isacco, quand’ebbe salutato Bedreddin Hassan e baciatagli la mano, gli disse: — Signore, oserei prendere la libertà di domandarvi dove andate a quest’ora, solo ed in apparenza un po’ agitato? Avete qualche cosa che vi disturbi? — Sì,» rispose Bedreddin; «era poco fa addormentato, e nel sonno mio padre m’apparve collo sguardo terribile, quasi fosse meco in gran collera. Mi svegliai di soprassalto e pieno di spavento, e subito partii per venire a far la mia preghiera sulla sua tomba. — Signore,» soggiunse l’Ebreo, il quale non poteva sapere perchè Bedreddin fosse uscito dalla città, «siccome il fu gran visir, vostro padre e mio signore, di felice memoria, aveva caricate di merci parecchie navi che trovansi ancora in mare e vi ap-