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lore trae alquanto al giallo. I caratteri erano d’azzurro, ed ecco che cosa conteneva in lingua indiana:
«Il re dell’Indie, dinanzi a cui marciano mille elefanti, che
dimora in un palazzo, il cui tetto brilla per lo
splendore di centomila rubini, ed il quale
possiede nel suo tesoro ventimila corone
adorne di diamanti; al califfo
Aaron-al-Raschid.
«Sebbene di poco valore sia il presente che vi mandiamo, non ricusate tuttavia di riceverlo da fratello ed amico, in considerazione dell’amicizia che per voi conserviamo nel nostro cuore, e di cui ci compiacciamo di darci un debole attestato. Vi domandiamo la medesima parte nel cuor vostro, poichè crediamo di meritarla, essendo in grado pari a quello nel quale vi trovate. Ve ne scongiuriamo in qualità di fratello. Addio.
«Consisteva il regalo primieramente in un vaso d’un solo rubino, scavato o lavorato a guisa di coppa, alto mezzo piede, e grosso mezzo dito, pieno di perle rotonde, e tutte del peso di mezza dramma; in secondo luogo, in una pelle di serpente che aveva le squame della grandezza d’una moneta comune d’oro, e la cui proprietà era di preservare da malattia quelli che vi dormivano sopra; terzo, in cinquantamila dramme di legno d’aloè del più squisito, con trenta grani di canfora della grossezza di un pistacchio; da ultimo, accompagnava il tutto una schiava di stupenda bellezza, i cui abiti erano coperti di pietre preziose.
«Mise la nave alla vela, e dopo lunga e felicissima navigazione, approdammo a Balsora, d’onde mi restituii a Bagdad; la prima cosa che feci dopo il mio arrivo, fu di adempire la commissione ond’era incaricato....»