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che comandò di scrivere la mia avventura in caratteri d’oro per essere conservata negli archivi del regno. Fece recar quindi la zattera, e si aprirono in sua presenza le balle; egli ammirò la quantità di legno di aloè e d’ambra grigia, ma soprattutto i rubini e gli smeraldi, non avendone alcuno nel suo tesoro che se ne approssimasse.
«Osservando ch’ei rimirava con piacere le mie gioie, e ne esaminava ad una ad una le più belle, mi prosternai, e presi la libertà di dirgli: — Sire, non solo la mia persona è tutta al servizio di vostra maestà, ma ben anco il carico della mia zattera, e perciò la supplica di disporne come di cosa che le appartenga.» Mi rispose allora sorridendo: — Sindbad, ben mi guarderò dall’averne la minima voglia, o togliervi nulla di quanto il cielo v’ha concesso. Anzi, lungi dallo scemare le vostre ricchezze, intendo aumentarle, e non voglio che usciate da’ miei stati senza portar con voi segni della mia liberalità.» Risposi alle sue parole, facendo voti per la prosperità del principe, e lodando la bontà e generosità sua. Egli incaricò uno de’ suoi ufficiali di aver cura di me, e mi diè persone per servirmi a sue spese; il ministro eseguì fedelmente gli ordini del suo signore, e fece trasportare nell’abitazione, che mi fu assegnata, le balle ond’era carica la zattera.
«Io andava ogni giorno, a certe ore, a far la corte al re, ed impiegava il resto del giorno a vedere la città, e le cose più degne di curiosità.
«L’isola di Serendib (1) è situata appunto sotto la linea equinoziale, talchè i giorni e le notti vi sono sempre di dodici ore, ed ha ottanta parasanghe (2) di lun-