Pagina:Le mille e una notti, 1852, I-II.djvu/307


287


NOTTE LXXXV


— «I miei compagni,» continuò Sindbad, «raccolsero molti sassi, e li scagliarono con tutta la forza contro le scimmie. Imitai anch’io il loro esempio, e vidi che le scimmie, avvedendosi del nostro disegno, coglievano con ardore i frutti di cocco, e ce li gettavano con certi gesti dinotanti la loro collera ed animosità. Noi raccoglievamo i frutti, gettando di tempo in tempo sassi per irritare le scimmie; con tale astuzia riempimmo i nostri sacchi di quelle noci, che altrimenti ci sarebbe stato impossibile d’avere.

«Quando i sacchi furono pieni, tornammo alla città, dove il mercadante, che mi aveva mandato alla foresta, mi pagò il valore del sacco di cocchi da me riportato. — Continuate,» mi disse, «ed andate ogni giorno a far la medesima cosa, finchè vi siate guadagnato di che tornare a casa vostra.» Lo ringraziai del buon consiglio che mi dava, ed insensibilmente adunai un numero sì grande di noci di cocco, che ne possedeva per una somma considerevole.

«Il vascello sul quale era venuto, aveva frattanto salpato con un carico della stessa merce, comprato per ispeculazione da alcuni mercadanti. Aspettai l’arrivo d’un altro, il quale in breve approdò nel porto per fare il medesimo carico; ed imbarcate su questo tutte le noci che mi appartenevano, quando fu in pronto, andai a pigliar commiato dal mercante, al quale aveva tante obbligazioni, e che non potè imbarcarsi meco, non avendo ancor finito i suoi affari.

«Sciolte le vele, volgemmo la prua all’isola ove cresce in maggior abbondanza il pepe, e di là pas-