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tre precedenti. Fece quindi un nuovo dono di cento zecchini a Hindbad, pregandolo, al par degli altri, di tornare il giorno appresso, alla medesima ora, onde pranzar con lui ed intendere la relazione del suo quinto viaggio. Hindbad e gli altri convitati s’accommiatarono; e tornati il giorno dopo, quando furono tutti adunati, si posero a tavola; e verso la fine del pranzo, che non durò meno degli altri, Sindbad cominciò di tal modo il racconto del quinto suo viaggio:


QUINTO VIAGGIO DI SINDBAD IL NAVIGATORE.


«I piaceri,» diss’ egli, «ebbero di nuovo bastante possanza per iscancellare dalla mia memoria tutte le pene ed i mali sofferti, senza potermi togliere la brama di fare nuovi viaggi: acquistai dunque altre merci, le feci imballare, e caricatele su carri, partii per recarmi al primo porto di mare; colà, per non dipendere da un capitano, e per avere al mio comando una nave, mi diedi il piacere di farne costruire ed equipaggiare una a mie spese. Quando fu teminata, la caricai, ed imbarcatomi, siccome non aveva da compire il carico, accolsi a bordo parecchi mercadanti di varie nazioni, colle loro merci.

«Spiegammo le vele al primo buon vento, e preso il largo, dopo lunga navigazione, il primo luogo ove approdammo fu un’isola deserta, nella quale vedemmo l’uovo d’un roc di grossezza simile a quello di cui m’avete udito parlare, contenente un piccolo roc vicino a nascere, il cui becco già cominciava ad apparire...»

A tai detti, Scheherazade si tacque, apparendo già l’aurora. La notte seguente ripigliò così la sua narrazione: