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all’isola deserta testè lasciata, trovai che non aveva guadagnato nel cambio.

«Camminando per quella valle, m’avvidi ch’era sparsa di diamanti, fra’ quali ne osservai di straordinaria grossezza; ebbi molto diletto a rimirarli, ma vidi in breve da lungi tali oggetti che diminuirono d’assai quel piacere, ispirandomi terrore. Erano serpenti in gran numero sì grossi e lunghi, che un solo non ve n’avea che non potesse inghiottire un elefante. Ritiravansi di giorno ne’ loro antri, ove si celavano a motivo del roc loro nimico, non uscendone che la notte.

«Passai il dì a passeggiare per la valle, riposando di quando in quando ne’ siti più comodi. Intanto tramontò il sole, e al calar delle tenebre mi ritirai in una grotta, ove pensai di stare in tutta sicurezza. Ne turai l’ingresso, ch’era basso e stretto, con una grossa pietra per guarentirmi dai serpenti, ma collocata in modo da lasciarvi penetrare un po’ di luce. Cenai con parte delle mie provvigioni, allo strepito dei serpenti che cominciavano a comparire, e di cui sibili spaventòsi mi facevano estrema paura, nè mi permisero, come ben penserete, di passar tranquillamente la notte. Spuntata l’alba, i serpenti si ritirarono; allora uscii tremando dalla grotta, e posso dire d’aver a lungo camminato sui diamanti senza che mi facessero la minima voglia. Alla fine sedetti, e malgrado l’inquietudine ond’era agitato, non avendo chiuso occhio in tutta la notte, mi addormentai dopo aver nuovamente mangiato un po’ delle mie provvigioni. M’era appena assopito, che fui destato da qualche cosa caduta a me vicino con gran fracasso: era un grosso pezzo di carne fresca, e nello stesso punto ne vidi rotolare vari altri dall’alto delle rupi in diversi luoghi.

«Io aveva sempre tenuto in conto di favola ciò