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casione di mettere la vita al sicuro. Accostatomi, m’avvidì ch’era una cavalla legata ad un palo: la sua bellezza attirò la mia attenzione; ma mentre stava considerandola, udii la voce d’un uomo che parlava sotto terra; poco dopo quell’uomo comparve, venne alla mia volta, e mi chiese chi fossi. Gli raccontai la mia disgrazia; allora, presomi per mano, mi fece entrare in una grotta, ov’erano altre persone, le quali non furono meno maravigliate al vedermi, ch’io non lo fossi di trovarle colà.

«Mangiai alcuni cibi che mi presentarono; poi, chiesto loro cosa facessero in quel luogo che mi pareva sì deserto, risposero, ch’erano palafrenieri del re Miragio, sovrano dell’isola; che ogni anno, nella medesima stagione, solevano condurvi le cavalle del re, attaccandole come aveva veduto, per farle coprire da un caval marino che usciva dalle onde; che dopo averle coperte, il caval marino faceva per divorarle; ma ch’essi glie lo impedivano colle loro grida, obbligandolo a tornar nell’acqua; che le cavalle essendo pregne, le riconducevano, ed i puledri che ne nascevano erano destinati pel re, e chiamavansi cavalli marini. Aggiunsero, dover essi partire il dì dopo, e che s’io fossi arrivato un giorno più tardi, sarei indubitatamente perito, perchè essendo lontane le abitazioni, mi sarebbe riuscito impossibile di giugnervi senza guida.

«Mentre di tal guisa favellavano, il caval marino uscì dal mare, come mi avevano detto, si lanciò sulla cavalla, la coprì, e voleva quindi divorarla; ma pel gran fracasso fatto dai palafrenieri, lasciò la preda, e tornò a gettarsi nell’onde.

«La mattina dopo, ripresero colle cavalle la via della capitale dell’isola, ed io li accompagnai. Al nostro arrivo, il re Miragio, al quale fui presentato, mi domandò chi fossi e per qual avventura mi trovassi ne’ suoi stati. Soddisfatta appieno la sua curiosità,