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l’isola, e ci gridarono di rimbarcarci prontamente, che stavamo tutti per perire, poichè quella che ci pareva un’isola, era il dorso d’una balena. I più avveduti si salvarono sulla scialuppa; altri gettaronsi a nuoto; io invece mi trovava ancora sull’isola, o a meglio dire sulla balena, quando questa s’affondò nel mare, ed ebbi appena tempo di attaccarmi ad un grosso pezzo di legno, colà recate dalla nave per accendere il fuoco. Intanto il capitano, ricevuti a bordo quelli ch’erano nello schifo, e raccolti alcuni degli altri che nuotavano, volle approfittare del buon vento ch’erasi allora alzato, e spiegate le vele, mi tolse così la speranza di raggiungere il vascello.

«Rimasi dunque in balia dell’onde, spinto da una parte e dall’altra; disputai di tal guisa la vita per tutto il resto del giorno e della notte seguente. Ma all’indomani non aveva più forze, e già disperava d’evitar la morte, quando un’ondata mi gettò fortunatamente contro un’isola. Alta e scoscesa n’era la ripa, ed arduo assai mi sarebbe riuscito l’arrampicarmivi, se alcune radici d’alberi, che parevano dalla fortuna appositamente conservate in quel luogo per mia salvezza, non me ne avessero somministrato il mezzo. Mi sdraiai a terra, ove rimasi semivivo finchè sorse l’alba e comparve il sole.

«Allora, sebben debolissimo per la durata lotta col mare, e perchè non aveva sin dal giorno precedente preso cibo alcuno, non lasciai di trascinarmi in cerca di erbe buone da mangiare. Ne trovai, ed ebbi anche la fortuna d’incontrare una sorgente di limpida acqua, che contribuì non poco a darmi ristoro. Tornato in forza, m’inoltrai nell’isola camminando alla ventura, ed entrai in una bella pianura, ove scopersi da lungi un cavallo che pascolava; volsi a quella parte i miei passi; titubante fra il timore e la gioia, ignorando se non andassi piuttosto a cercare la mia perdita che un’oc-