Pagina:Le mille e una notti, 1852, I-II.djvu/259


239

desiderare uno zeffiro più favorevole per riposare e riprender forze, depose il carico, e vi sedette sopra, vicino ad una bella casa.

«Si felicitò allora d’essersi fermato in quel luogo, poichè l’odorato gli fu gratamente solleticato da un delizioso profumo di legno d’aloè e di pastiglie, che usciva dalle finestre di quel palazzo, e che mescolandosi coll’odore dell’acqua di rose, finiva d’imbalsamar l’aria. Inoltre, udì nell’interno un concerto di vari stromenti, accompagnato dall’armonioso canto di gran numero di usignuoli ed altri uccelli particolari al clima di Bagdad. Quella graziosa melodia, e la grata esalazione di varie sorta di vivande, che si faceva sentire, facendogli giudicare che colà si banchettasse allegramente, volle egli sapere chi abitasse in quella casa, che non conosceva, non avendo mai occasione di passar per quella contrada. Per soddisfare alla sua curiosità, si accostò ad alcuni servi, sfarzosamente vestiti, che vide alla porta, e chiese ad uno di loro come si chiamasse il padrone della casa. — Come!» gli rispose il servitore; «siete di Bagdad, ed ignorate questa essere la dimora del signor Sindbad il navigatore, di quel famoso viaggiatore che ha percorso tutti i mari del globo?» Il facchino, che aveva udito parlare delle ricchezze di Sindbad, non potè trattenersi dall’invidiare un uomo, di cui trovava, la condizione tanto felice quanto deplorabile la propria. Coll’animo inasprito da tali riflessioni, alzò gli occhi al cielo, e disse a voce alta abbastanza da essere inteso: — Potente Creatore di tutte le cose, considera la differenza che passa tra Sindbad e me; io soffro ogni giorno mille e mille mali, e con fatica riesco a nutrir me e la mia famiglia di cattivo pane d’orzo, mentre il felice Sindbad profonde immense ricchezze, e conduce una vita piena di delizie. Che ha egli mai fatto per ottenere da te sì beato destino? Che