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riosità, volle dare segni della sua grandezza e generosità ai principi calenderi, e far provare eziandio alle tre dame gli effetti della bontà sua. Senza servirsi pertanto del ministero del gran visir, disse egli medesimo a Zobeide: — Signora, quella fata che vedeste già in forma di serpente, e che v’impose sì rigida legge, non parlò ella della sua dimora, o piuttosto non v’ha essa promesso di rivedervi, e ritornare le due cagne nel primiero loro stato? — Commendatore de’ credenti;» rispose Zobeide, «dimenticai di dire a vostra maestà, che la fata mi pose in mano un piccolo involto di capelli, dicendomi avrei forse un giorno bisogno della sua presenza, ed allora se avessi bruciato due soli di que’ capelli, essa mi comparirebbe sull’istante, quand’anche si trovasse oltre il Caucaso. — Signora,» ripigliò il califfo, «ove sono questi capelli?» Rispose la donna che da quel tempo aveva sempre avuta cura di portarli addosso. In fatti li trasse dal seno, ed aprendo un po’ la portiera che nascondevala, glieli fece vedere. — Or via,» replicò il califfo, «vi prego di far venire la fata; voi non la chiamereste a miglior proposito, poichè lo desidero io.

«Acconsentì Zobeide, e fattosi recare un po’ di fuoco, vi arse tutto il pacchetto di capelli. Al medesimo istante si scosse il palazzo, e la fata comparve davanti al califfo, sotto figura d’una dama splendidamente vestita. — Commendatore de’ credenti,» diss’ella al principe, «eccomi pronta ai vostri comandi. La dama che per ordine vostro m’ha chiamata, mi rese un importante servigio. Per dimostrarle la mia gratitudine, la vendicai della perfidia delle sue sorelle cangiandole in cagne; ma se vostra maestà lo desidera, posso restituirle alla naturale loro forma. — Bella fata,» rispose il califfo, «non potreste farmi maggior piacere; accordate loro questa