Pagina:Le mille e una notti, 1852, I-II.djvu/253


233

e che mi mancano di fede.» E vedendo che lo schiavo esitava ad ubbidire: «Colpisci,» soggiunse; «perchè ti arresti? Che attendi? — Signora,» mi disse allora lo schiavo, «voi toccate all’ultimo istante della vostra vita: guardate se avete qualche cosa da disporre prima della vostra morte.

«Chiesi la libertà di dire una parola, e mi fu accordata. Alzai la testa, e guardando teneramente il mio sposo: — Aimè,» gli dissi, «in quale stato sono mai ridotta! E dunque mestieri ch’io muoia nel fiore degli anni?» Voleva proseguire, ma le lagrime ed i singulti me l’impedirono; il mio sposo non ne fu commosso; anzi, mi fece duri rimproveri, ai quali sarebbe stato inutile rispondere. Ricorsi alle preghiere, ma non volle ascoltarle, ed ordinò allo schiavo di fare il dover suo. In tal momento, entrata la vecchia dama, ch’era stata sua autrice, se gli buttò a’ piedi onde tentar di placarlo. — Figliuol mio,» gli disse, «in premio di avervi nutrito ed allevato, vi scongiuro di accordarmi la sua grazia. Considerate che chi di spada ferisce, di ferro perisce, e che voi siete per macchiare la vostra riputazione e perdere la stima degli uomini. Che diranno essi d’un’ira sì sanguinaria?» Pronunciò ella queste cose con accento sì pietoso, e le accompagnò di tante lagrime, che infine il mio consorte ne fu intenerito. — Ebbene,» diss'egli allora alla nutrice, «per amor vostro le dono la vita; ma voglio che porti de’ segni, i quali le rammentino per sempre il suo delitto.

«Ciò detto, uno schiavo mi diede, per suo ordine, con tutta la forza sulle coste e sul seno tanti colpi con una verga pieghevole che levava la pelle e la carne, in modo che smarrii i sensi. Dopo mi fece portare dai medesimi schiavi, ministri del suo furore, in una casa ove la vecchia prese grandissima cura di me. Quattro mesi rimasi in letto: finalmente guarii; ma le