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tone. Schahzenan, ascoltatolo attentamente, prese quindi la parola; e siccome nessun dispiacere più non gl’impediva di far pompa di tutto il proprio spirito, disse mille argute piacevolezze.

Il sultano, credendo di trovarlo nel medesimo stato di prima, maravigliò al vederlo sì lieto: — Fratello,» gli disse, «io ringrazio il cielo del fortunato cambiamento durante la mia assenza avvenuto in voi, onde ne provo vera gioia; ma io debbo farvi una preghiera, e vi scongiuro di concedermi quanto sono per chiedervi. — Che cosa potrei io mai ricusarvi?» rispose il re di Tartaria. «Voi tutto potete sopra Schahzenan. Parlate, io sono impaziente di sapere che cosa bramate da me. — Dacchè siete alla mia corte,» soggiunse Schahriar, «io vi vidi sempre immerso in una cupa tristezza, che invano tentai dissipare con ogni sorta di divertimenti. Pensai che il vostro cordoglio provenisse dal trovarvi lontano da’ vostri stati; credetti perfino che l’amore v’avesse gran parte, e che la regina di Samarcanda, cui son persuaso avrete scelta di squisita bellezza, ne fosse per avventura la cagione. Io non so se m’ingannai nelle mie congetture; ma vi confesso essere per questa sola ragione che mi trattenni dall’importunarvi per tema di recarvi dispiacere. Tuttavia, senza averci io per nulla contribuito, or vi trovo allegro più che mai, e collo spirito al tutto libero da quel tetro vapore che ne turbava la giocondità: ditemi di grazia perchè voi eravate sì mesto, e perchè ora non lo siete più.»

A tali parole, il re della Gran Tartaria rimase alquanto pensieroso, quasi in cerca d’una risposta; infine, così prese a dire: — Voi siete il mio sultano e signore; ma dispensatemi, vi prego, di darvi la soddisfazione che mi chiedete. — No, fratello,» replicò il sultano, «è d’uopo che me l’accordiate: io la desidero, nè vorrete ricusarmela.» Schahzenan non