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scoprii una gran porta coperta di lamine d’oro, e colle imposte spalancate. Una portiera di stoffa di seta pareva tirata dinanzi, e vedevasi una lampada sospesa al disopra. Considerando l’edificio, mi convinsi che era il palazzo del principe regnante nel paese; e, maravigliata di non aver incontrata persona viva, andai sin là nella speranza di trovarne qualcuno. Alzai la portiera, e con aumento di stupore, non vidi sotto l’atrio che alcuni portieri e guardie impietrite, taluni in piedi, altri seduti o semisdraiati.
«Traversai un cortile pieno di gente; sembrava che questi andassero, quelli venissero, eppure nessuno movevasi dal posto, essendo impietriti come quelli da me veduti. Passai in un secondo cortile, indi in un terzo, ma dovunque era perfetta solitudine, spaventoso silenzio.
«Avanzatami in un quarto cortile, vidi rimpetto un bellissimo edificio, le cui finestre erano chiuse con una grata d’oro massiccio, e giudicandolo l’appartamento deila regina, entrai. In una gran sala eranvi vari eunuchi neri impietriti. Passati quindi in una camera sfarzosamente addobbata, dove scorsi una dama cangiata anch’essa in pietra, la quale conobbi essere la regina, da una corona d’oro che portava in capo, e da una collana di perle rotonde e più grosse di nocciuole. Esaminai quegli ornamenti davvicino, e mi parvero cosa stupenda. Ammirai per qualche tempo le ricchezze e la magnificenza di quella camera, e sopra tutto il tappeto ond’era coperto il suolo, i cuscini ed il sofà di stoffa delle Indie a fondo d’oro con figurine d’uomini e d’animali in argento di squisito lavoro....»
Avrebbe Scheherazade cominciato a parlare, ma la luce del giorno venne a por termine alla sua narrazione. Il sultano, stupito da quel racconto: — Bisogna,» disse, alzandosi, «che sappia come finirà questa maravigliosa purificazione di tanta gente.»