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di cardellini, di canarini, di lodolette ed altri augelli canori, dei quali non aveva in mia vita udito parlare. I vasi, ove stavano i granelli e l’acqua erano di diaspro o d’agata preziosa. Regnava inoltre in quell’uccelliera la massima pulitezza; a vederne l’estensione, pareva non ci volessero meno di cento persone per tenerla così netta; pure non vi si vedeva alcuno, come anche ne’ giardini nei quali era stato prima, e dove non avea notato un solo sterpo, nè la menoma superfluità che mi avesse offeso la vista. Intanto il sole era già tramontata e mi ritirai sorpreso dal garrito di quella moltitudine d’uccelli, che cercavano appollaiarsi nel sito più comodo per godere del notturno riposo. Tornai anch’io alle mie stanze, risoluto di aprire le altre porte il giorno appresso, tranne la centesima.

«Non mancai al domani di andar ad aprire la quarta porta. Se quanto avea veduto il giorno precedente eccitommi a sorpresa, ciò che vidi allora mi rese estatico. Posi il piede in un ampio cortile, circondato d’un edificio di maravigliosa architettura, di cui, per evitare la prolissità, non farò, o signora, la descrizione. Eranvi quaranta porte spalancate ciascuna delle quali metteva ad un tesoro; ne vidi parecchi che valevano meglio dei più grandi imperi; il primo conteneva mucchi di perle, e, cosa che supera ogni credere, le più preziose, grosse come ova di piccione eccedevano in numero le mediocri; il secondo era pieno di diamanti, di carbonchi e di rubini; il terzo di smeraldi, il quarto d’oro in verghe, il quinto d’oro monetato; nel sesto vedevasi argento in verghe, nei due seguenti monete d’argento. Gli altri poi contenevano amatiste, crisoliti, topazzi, opali, turchesi, giacinti e tutte le altre pietre preziose che conosciamo, senza parlare delle agate, de’ diaspri, delle corniole; questo stesso tesoro conteneva inoltre un magazzino