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schiavi portarono di sopra il corpo del figlio, vestito degli abiti più sfarzosi, e finita di scavare la fossa che gli preparavano, ve lo riposero. Il vecchio, sostenuto da due schiavi, col volto irrigato di lagrime, gli buttò addosso prima degli altri un po’ di terra, quindi gli schiavi colmarono la fossa.

«Ciò fatto, s’imbarcarono le mobiglie del sotterraneo col resto delle provvisioni, ed il vecchio, oppresso dal dolore, non potendo sostenersi, fu posto sopra una specie di barella, e trasportato al vascello che tosto salpò, ed allontanatosi in breve dall’isola, lo perdetti di vista....»

Il giorno, che già rischiarava l’appartamento, obbligò Scheherazade a fermarsi.


NOTTE LVII


Il giorno seguente, Scheherazade, continuando le avventure del terzo calendero, soggiunse: — Sorella, devi sapere che quel principe proseguì il suo racconto a Zobeide ed alla compagnia nel modo seguente:

«Dopo la partenza,» diss’egli, «del vecchio, dei suoi schiavi e della nave, rimasi solo nell’isola: passai la notte nel sotterraneo che non avevano turato, e di giorno andava passeggiando per l’isola, fermandomi ne’ luoghi più acconci a riposare.

«Condussi tal noiosa vita per un mese, scorso il quale mi avvidi che il mare si abbassava notabilmente, e che l’isola diventava più grande, talchè pareva la terra ferma si avvicinasse. In fatti, tanto calarono le acque, che non eravi più se non un piccolo canale per passare alla terra ferma; m’accinsi a traversarlo, e l’acqua non mi giunse a mezza gamba. Camminai molto tempo sulla spiaggia e sulla rena, tanto che ne sentii estrema stanchezza. In fine,