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do, ardo! » sentendo che il fuoco che la consumava erasi alla fine impossessato di tutto il suo corpo, e non cessò di gridare finchè la morte non ebbe posto termine agl’insopportsbili suoi dolori. L’effetto di quel fuoco fu sì rapido, che in pochi istanti venne ridotta in cenere come il genio.

«Non vi dirò, o signora, la mia afflizione alla vista di sì funesto spettacolo. Avrei desiderato meglio restarmene tutta la vita scimia o cane, che veder perire sì miseramente la mia benefattrice. Dal canto suo il sultano, dolente oltremodo, proruppe in altissime strida, percuotendosì la testa ed il petto, finchè soccombendo alla disperazione, smarrì i sensi, e mi fe’ temere per la sua vita. Accorsero alle di lui grida ufficiali ed eunuchi, i quali provarono difficoltà grande a farlo rinvenire. Noi non avemmo bisogno di far loro un lungo racconto dell’accaduto, onde persuaderli del dolore che ne provavamo, avendolo essi abbastanza compreso dai due mucchi di cenere, ne’ quali erano ridotti la principessa ed il genio. E siccome il sultano poteva appena reggersi, fu obbligato ad appoggiarsi agli eunuchi per recarsi alle sue stanze.

«Poichè la voce di sì tragico avvenimento fu sparsa nel palazzo e nella città, tutti piansero la disgrazia della principessa Dama-di-beltà, e parteciparono all’afflizione del sultano. Per sette interi giorni si fecero tutte le cerimonie del più gran lutto; si sparsero al vento le ceneri del genio, e quelle della principessa furono raccolte, per esser conservate in un vaso prezioso, che venne deposto in un magnifico mausoleo eretto nel luogo medesimo ov’eransi raccolte le ceneri.

«Il cordoglio del sultano per la perdita della figliuola gli cagionò una malattia che l’astrinse a letto per tutto un mese, e non aveva ancor ricuperata intieramente la salute allorchè, fattomi chiamare: — Princi-