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mediatamente d’un abito di ricchissimo broccato, e portatomi a terra, mi posero sul cavallo del sultano, il quale mi aspettava nel suo palazzo con gran corteggio di notabili della sua corte, da lui riuniti per farmi onore.

«Cominciò la processione. Il porto, le strade, le piazze, le finestre, le terrazze dei palazzi e delle case, erano affollate d’una moltitudine immensa di persone d’ogni sesso e d’ogni età, dalla curiosità attirate da tutte le parti per vedermi, essendosi la fama divulgata in un istante che il sultano aveva scelto per gran visir uno scimiotto. Dopo aver dato sì nuovo spettacolo a tutto questo popolo, che non cessava di manifestare la sua sorpresa con raddoppiate grida, giunsi al palazzo.

«Trovai il principe seduto sul trono ed attorniato dai grandi della corte. Gli feci tre profondi inchini, mi prostrai, e baciando la terra, mi misi a sedere in positura di scimia. Non poteva l’assemblea cessare dall’ammirarmi, non comprendendo come mai uno scimiotto sapesse rendere sì bene ai sultani il rispetto a loro dovuto, ed il monarca n’era ancor più maravigliato. In una parola, la cerimonia dell’udienza sarebbe stata compiuta, se potuto avessi ai miei gesti aggiungere un’arringa; ma le scimie non ebbero mai il dono della favella, ed il solo vantaggio d’essere stato uomo non mi conferiva tal privilegio.

«Congedò il sultano i cortigiani, non restando con lui che il capo degli eunuchi, uno schiavo assai giovane ed io. Passò egli allora dalla sala d’udienza al suo appartamento, ove essendosi posto a mensa, mi accennò d’avvicinarmi e mangiare con lui. Per attestargli la mia obbedienza, baciai la terra, mi alzai, e sedetti a tavola, mangiando con ritenutezza e modestia.

«Prima di sparecchiare, vidi un calamaio; e fatto