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di farle comprendere, con cenni, per quanto erami possibile, che siccom’ella aveva la fermezza di sacrificare la sua vita per amor mio, io non mi sarei rifiutato d’immolare la mia per lei. Comprese la principessa il mio disegno malgrado il suo dolore e l’afflizione sua, me lo fe’ conoscere con uno sguardo obbligante, e mi fece intendere che morrebbe volentieri, e ch’era ben contenta al veder me pure determinato di morire per lei. Indietreggiai, allora, e gettando a terra la sciabola: — Sarei,» dissi al genio, «biasimato in eterno da tutti gli uomini, se avessi la viltà di trucidare, non solo una persona che non conosco, ma tanto più una dama, come quella che veggo, nello stato in cui si trova, prossima ad esalare l’anima. Voi farete di me quanto vi piacerà, essendo a vostra discrezione; ma non posso obbedire al barbaro vostro comando. — Ben veggo,» soggiunse il genio, «che amendue vi beffate di me, ed insultate alla mia gelosia; ma dal trattamento che vi farò, conoscerete tutti e due di che sono capace.» A tai detti, afferrò il mostro la scimitarra, e tagliò una mano alla principessa, la quale non ebbe che il tempo di darmi un eterno addio coll’altra; poichè il sangue già perduto, e quello che perdeva allora, lasciolla vivere appena pochi momenti dopo quest’ultima crudeltà, alla cui vista smarrii l’uso dei sensi.

«Quando tornai in me stesso, mi dolsi col genio perchè mi facesse languire nell’aspettazione della morte. — Ferite,» gli dissi, «son preparato a ricevere il colpo mortale; da voi lo attendo come la maggior grazia che possiate farmi.» Ma in vece di accordarmela, rispose: — Ecco in qual guisa i geni trattano le donne sospettate d’infedeltà. Essa ti ha ricevuto qui; se fossi certo che mi avesse recato maggiore oltraggio, ti farei perire sull’istante; ma mi contenterò di cangiarti in cane od in asino, in lione