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e senza pensare alla propria disgrazia: — Aimè! è finita per voi se non fuggite.
«Seguii il suo consiglio; ma fu tanto il mio spavento che dimenticai scure e pappucce (1), ed aveva appena raggiunta la scala, da cui era disceso, quando il palazzo incantato si spalancò per far adito al genio. Domandò esso in collera alla principessa: — Che cosa vi è accaduto? e perchè mi chiamate? — Un male al cuore,» rispose la principessa, «mi costrinse ad andar a prendere la bottiglia che vedete, e ne bevvi due o tre sorsate; per disgrazia ho fatto un passo falso, e caddi sul talismano che s’infranse. Non è altro.
«A quella risposta, il genio, incollerito, le disse: — Siete un’impudente, una bugiarda. Quella scure e quelle pappucce perchè trovansi qui? — Non le ho mai vedute prima d’ora,» soggiunse la principessa.
«Coll’impeto col quale siete venuto, le avrete forse prese con voi, passando per qualche luogo, e qui recatele senza badarvi.
«Non rispose il genio se non con ingiurie e percosse, delle quali io intesi il romore. Non ebbi la fermezza di udire i pianti e le strida della principessa sì crudelmeme maltrattata. M’era già spogliato dell’abito da lei fattomì indossare, e ripreso il mio, che aveva portato sulla scala il giorno precedente all’uscire dal bagno, finii così d’ascendere, tanto più dolente ed impietosito, in quanto ch’io era la cagione di quella disavventura; e che sacrificando la più vezzosa principessa della terra alla barbarie d’un genio implacabile, erami reso colpevole ed il più ingrato degli uomini. — Vero è,» diceva tra me, «ch’ella è prigioniera da venticinque anni; ma fuor della libertà, null’altro aveva a desiderare per essere felice. Il mio cieco trasporto mette fine al suo benessere, e
- ↑ Specie di scarpe usate dagli Arabi e dai Turchi.