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la più bella luce del mondo, purché di dieci giorni me ne doniate nove; cedendo il decimo al genio. — Principessa,» ripigliai allora, «ben veggo che il timore del genio vi fa parlare così. Quanto a me, lo temo sì poco, che corro a far in pezzi il suo talismano col libro magico che vi sta sopra. Ch’ei venga allora, io l’aspetto. Per quanto valoroso e formidabile possa egli essere, gli farò sentire il peso del mio braccio. Giuro di sterminare quanti geni vi sono al mondo, e lui pel primo.» La principessa, che ne sapeva le conseguenze, mi scongiurò di non toccare il talismano. — Sarebbe il mezzo,» mi disse, «di perderci entrambi. Conosco i geni assai meglio di voi.» I vapori del vino non mi permisero di ascoltare le ragioni della principessa, talchè dando un calcio al talismano, lo ruppi in più pezzi.»

Terminando coteste parole, Scheherazade, notato che albeggiava, tacque, ed il sultano si alzò. Ma non dubitando che il talismano spezzato non venisse seguito da qualche straordinario avvenimento, risolse d’ascoltare il resto della storia.


NOTTE XLIV


Qualche tempo prima dello spuntar del giorno, Dinarzade, svegliatasi, sollecitò la sorella a proseguire il racconto; e questa subito continuò la storia del secondo calendero:

«— Appena il talismano fu rotto, il palazzo tremò con uno spaventevole fragore simile a quello del tuono, accompagnato da lampi raddoppiati e da grande oscurità. Quel terribile fracasso dissipò in un attimo i fumi del vino, e mi fe’ conoscere, ma troppo tardi, il commesso errore. — Principessa,» sclamai, «che significa ciò?» Essa mi rispose tutta spaventata