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dinaria bellezza, le grazie, il lieto umore ed il molto spirito. D’altra parte nulla parevagli più sorprendente dei calenderi, tutti e tre guerci dell’occhio destro. Si sarebbe volentieri informato di tal singolarità, ma la condizione imposta a lui ed a’ compagni vietavagli di parlare. Inoltre, quando rifletteva alla ricchezza ed eleganza dei mobili, alla loro simmetrica disposizione, alla pulitezza della casa, non poteva persuadersi che non vi fosse qualche incantesimo. Caduto il discorso sui divertimenti e sui diversi modi di divertirsi, i calenderi si alzarono, e ballarono alla loro guisa una danza, che aumentò la buona opinione dalle dame già concepita di loro, e che conciliò ad essi la stima del califfo e de’ suoi compagni.

«Quando i tre calenderi ebbero finita la danza, Zobeide sorse, e prendendo per mano Amina: — Sorella,» le disse, «alzatevi: non sarà discaro alla brigata che cessino in noi i riguardi, e la loro presenza non ci vieterà di fare quanto siam solite.» Amina, la quale comprese ciò che volea dire la sorella, si alzò, e portò via i piatti, la tavola, i fiaschi, le tazze e gli strumenti suonati dai calenderi. Nè Safia se ne stette colle mani alla cintola; spazzò la sala, ripose a luogo le cose spostate, smoccolò le lampade, e v’aggiunse nuovo legno d’aloè ed altra ambra grigia. Indi pregò i calenderi di sedere da un lato del sofà, e dall’altro il califfo colla sua compagnia, e disse poi al facchino: — Alzatevi, e preparatevi ad aiutarci in ciò che siamo per fare; un uomo come voi, che può dirsi di casa, non deve starsene ozioso.

«Il facchino, che aveva alquanto digerito il vino, sorse immediatamente, ed attaccati alla cintura i lembi della veste: — Eccomi pronto,» rispose; «che c’è da fare? — Così va bene,» disse Safia, «aspettate d’essere chiamato; non istarete molto tempo colle