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aspettò con impazienza la prossima notte, per sapere che cosa fosse accaduto nel palazzo di cui ella aveva parlato.


NOTTE XXIX


Dinarzade, svegliatasi prima di giorno, disse alla sultana: — Sorella, ti prego di proseguire la storia che ieri cominciasti.» E tosto Scheherazade la continuò in questa guisa:

— Mentre la giovine dama ed il facchino attendevano che si aprisse la porta del palazzo, quest’ultimo faceva mille riflessioni. Si maravigliava che una dama come quella che vedeva, facesse l’officio di approvvigionatrice, perchè alla fine ben giudicava non essere colei una schiava; troppo nobile gliene pareva il portamento, per pensare che non fosse libera e persona d’alto grado. Volontieri avrebbela egli interrogata per chiarirsi della sua condizione; ma mentre si preparava a parlarle, un’altra dama, venuta ad aprire la porta, gli parve sì bella, che ne rimase tutto maravigliato, o piuttosto fu sì vivamente colpito dallo splendore delle sue attrattive, che poco mancò non lasciasse cadere il cesto e quanto conteneva, tanto quella vista lo trasse fuor di sè, non avendo mai veduto beltà paragonabile a quella che gli stava dinanzi.

«La dama che condotto avea il facchino, si avvide del disordine dell’animo di lui, e dell’oggetto che lo cagionava. Tale scoperta la divertì, e prendeva tanto piacere ad esaminare il contegno del facchino, che non pensava essere aperta la porta. — Entrate dunque, sorella,» le disse la leggiadra portinaia; «che