Pagina:Le mille e una notti, 1852, I-II.djvu/117


101

padrone, vorrà acconsentirvi.» Schahriar, il quale, come si è detto, aveva già preso il suo partito, si alzò per andar ad adempire ai suoi doveri.


NOTTE XXVII


Scheherazade, bramosa di mantenere la sua promessa, continuò il racconto in questi sensi:

— Fatta l’aspersione, non appena ebbe la maga pronunziate certe parole sui pesci e sullo stagno, che la città subito ricomparve. I pesci tornarono uomini, donne o fanciulli: maomettani, cristiani, persiani ed ebrei, liberi o schiavi, ciascuno riprese la natural sua forma. Le case e le botteghe si empirono tosto de’ loro abitanti, che tutte le cose trovarono nella medesima situazione e nell’ordine stesso in cui erano prima dell’incanto. La numerosa comitiva del sultano, che si trovava accampata nella maggior piazza, rimase non poco maravigliata al vedersi d’un tratto in mezzo ad una vasta e popolosa città.

«Ma per tornare alla maga, quand’ebbe essa fatto quel maraviglioso cangiamento, si recò in tutta fretta al palazzo delle Lagrime per raccoglierne il frutto. — Mio caro signore,» sclamò entrando, «vengo a rallegrarmi con voi della ricuperata salute; ho fatto quanto voleste da me; alzatevi dunque, e datemi la mano. — Accostati,» le disse il sultano, sempre contraffacendo il linguaggio dei Negri. Colei si avvicinò. — Non basta,» ripigliò egli, «accostati ancora.» Quella obbedì. Alzatosi allora, il sultano afferrolla pel braccio sì rapidamente, stressa non ebbe tempo di fuggire, e con un colpo di scimitarra le spaccò il corpo in due. Ciò fatto, lasciò il cadavere al suolo, ed uscendo dal palazzo delle Lagrime, corse dal giovane