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declamare con forza contro Luigi XVIII, suo zio, usurpatore de’ suoi diritti.
— Ma questi diritti, come non li faceste valere al tempo della Ristorazione?
— Io mi trovava allora mortalmente ammalato a Bologna. Appena risanato, volai a Parigi, mi presentai alle Alte Potenze, ma quel ch’era fatto era fatto: l’iniquo mio zio non volle riconoscermi; mia sorella s’unì a lui per opprimermi. Il solo buon principe di Condé m’accolse a braccia aperte, ma la sua amicizia nulla poteva. Una sera, per le vie di Parigi, fui assalito da sicarii, armati di pugnali, ed a stento mi sottrassi a’ loro colpi. Dopo aver vagato qualche tempo in Normandia, tornai in Italia, e mi fermai a Modena. Di lì, scrivendo incessantemente ai monarchi d’Europa, e particolarmente all’imperatore Alessandro, che mi rispondea colla massima gentilezza, io non disperava d’ottenere finalmente giustizia, o se, per politica, voleano sacrificare i miei diritti al trono di Francia, che almeno mi s’assegnasse un decente appannaggio. Venni arrestato, condotto ai confini del ducato di Modena, e consegnato al Governo austriaco. Or, da otto mesi, sono qui sepolto, e Dio sa quando uscirò! —