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mibile d’umiliare con essa un malvagio e di ritrarlo dall’iniquità.
Forse si danno smanie di natura diversa da quelle ch’io conosco, e meno condannevoli. Ma quella che m’aveva fin allora fatto suo schiavo, non era una smania di pura afflizione: vi si mescolava sempre molto odio, molto prurito di maledire, di dipingermi la società o questi o quegli individui coi colori più esecrabili. Malattia epidemica nel mondo! L’uomo si reputa migliore, abborrendo gli altri. Pare che tutti gli amici si dicano all’orecchio: «Amiamoci solamente fra noi; gridando che tutti sono ciurmaglia, sembrerà che siamo semidei».
Curioso fatto, che il vivere arrabbiato piaccia tanto! Vi si pone una specie d’eroismo. Se l’oggetto contro cui jeri si fremeva è morto, se ne cerca subito un altro. — Di chi mi lamenterò oggi? chi odierò? sarebbe mai quello il mostro?... Oh gioia! l’ho trovato. Venite, amici, laceriamolo! —
Così va il mondo: e, senza lacerarlo, posso ben dire che va male.