Pagina:Le mie prigioni.djvu/327


( 315 )

lasciarci ripatriare. Eravamo ben persuasi di non ritornare sullo Spielberg, ma paventavamo che alcuno suggerisse all’Imperatore, di deportarci in qualche città dell’impero lungi dalla penisola.

Mi mostrai anche più risanato che non era, e pregai che si sollecitasse la partenza. Intanto era mio desiderio ardentissimo di presentarmi a S.E. il signor conte di Pralormo, Inviato della Corte di Torino alla Corte austriaca, alla bontà del quale io sapeva di quanto andassi debitore. Egli erasi adoperato colla più generosa e costante premura ad ottenere la mia liberazione. Ma il divieto ch’io non vedessi chi che si fosse, non ammise eccezione.

Appena fui convalescente, ci si fece la gentilezza di mandarci per qualche giorno la carrozza, perché girassimo un poco per Vienna. Il commissario avea l’obbligo d’accompagnarci e di non lasciarci parlare con nessuno. Vedemmo la bella chiesa di santo Stefano, i deliziosi passeggi della città, la vicina villa Liechtenstein, e per ultimo la villa imperiale di Schönbrunn. Mentre eravamo ne’ magnifici viali di Schonbrunn, passò l’Imperatore, ed il commissario ci fece ritirare, perché la vista delle nostre sparute persone non l’attristasse.