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tanto crebbe il male, che a sera ansava in guisa spaventosa, e temeasi da un istante all’altro ch’io restassi soffocato. Ebbi inoltre ardente febbre tutta notte, ed il commissario era incerto il mattino seguente, s’io potessi continuare il viaggio sino a Vienna. Dissi di sì, partimmo: la violenza dell’affanno era estrema; non potea né mangiare, né bere, né parlare.
Giunsi a Vienna semivivo. Ci diedero un buon alloggio nella direzione generale di polizia. Mi posero a letto; si chiamò un medico; questi mi ordinò una cavata di sangue, e ne sentii giovamento. Perfetta dieta e molta digitale fu per otto giorni la mia cura, e risanai. Il medico era il signor Singer; m’usò attenzioni veramente amichevoli.
Io aveva la più grande ansietà di partire, tanto più ch’era a noi penetrata la notizia delle tre giornate di Parigi.
Nello stesso giorno che scoppiava quella rivoluzione, l’Imperatore avea firmato il decreto della nostra libertà! Certo, non l'avrebbe ora rivocato. Ma era pur cosa non inverisimile, che i tempi tornando ad essere critici per tutta Europa, si temessero movimenti popolari anche in Italia, e non si volesse dall’Austria, in quel momento,