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disse, ma si compiacciano di seguirmi; v’è di là il signor direttore di polizia. —
Siccome questi solea venire per cose moleste, come perquisizioni od inquisizioni, seguimmo assai di mal umore il buon sottintendente, fino alla camera d’udienza.
Là trovammo il direttore di polizia ed il soprintendente; ed il primo ci fece un inchino, gentile più del consueto.
Prese una carta in mano, e disse con voci tronche, forse temendo di produrci troppo forte sorpresa, se si esprimeva più nettamente:
— Signori... ho il piacere... ho l’onore... di significar loro... che S.M. l’Imperatore ha fatto ancora... una grazia... —
Ed esitava a dirci qual grazia fosse. Noi pensavamo che fosse qualche minoramento di pena, come d’essere esenti dalla noia del lavoro, d’aver qualche libro di più, d’avere alimenti men disgustosi.
— Ma non capiscono? disse.
— No, signore. Abbia la bontà di spiegarci quale specie di grazia sia questa.
— È la libertà per loro due, e per un terzo che fra poco abbracceranno. —