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cantano, una festa in tedesco e l’altra in islavo. Così ogni festa, si fanno due prediche, e s’alternano le due lingue. Dolcissimo piacere era per noi l’udire que' canti e l’organo che l’accompagnava.

Fra le donne ve n’avea, la cui voce andava al cuore. Infelici! Alcune erano giovanissime. Un amore, una gelosia, un mal'esempio le avea strascinate al delitto! — Mi suona ancora nell’anima il loro religiosissimo canto del Sanctus: — heilig! heilig! heilig! Versai ancora una lagrima udendolo.

Alle ore dieci le donne si ritirarono, e andammo alla messa noi. Vidi ancora quelli de’ miei compagni di sventura, che udivano la messa sulla tribuna dell’organo, da’ quali una sola grata ci separava, tutti pallidi, smunti, traenti con fatica i loro ferri!

Dopo la messa tornammo ne’ nostri covili. Un quarto di ora dopo, ci portarono il pranzo. Apparecchiavamo la nostra tavola, il che consisteva nel mettere un’assicella sul tavolaccio, e prendere i nostri cucchiai di legno; quando il signor Wegrath, sottintendente, entrò nel carcere.

— M’incresce di disturbare il loro pranzo,