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rinnovando l’enumerazione dei beni che avevano abbellito i miei giorni: un ottimo padre, un’ottima madre, fratelli e sorelle eccellenti, i tali e tali amici, una buona educazione, l’amore delle lettere, ec. Chi più di me era stato dotato di felicità? Perchè non ringraziarne Iddio, sebbene ora mi fosse temperata dalla sventura? Talora facendo quell’enumerazione m’inteneriva e piangeva un istante; ma il coraggio e la letizia tornavano.

Fin da’ primi giorni io aveva acquistato un amico. Non era il custode, non alcuno de’ secondini, non alcuno de’ signori processanti. Parlo per altro d’una creatura umana. Chi era? — Un fanciullo, sordo e muto, di cinque o sei anni. Il padre e la madre erano ladroni, e la legge li aveva colpiti. Il misero orfanello veniva mantenuto dalla Polizia con parecchi altri fanciulli della stessa condizione. Abitavano tutti in una stanza in faccia alla mia, ed a certe ore aprivasi loro la porta affinchè uscissero a prender aria nel cortile.

Il sordo e muto veniva sotto la mia finestra, e mi sorrideva, e gesticolava. Io gli gettava un bel pezzo di pane: ei lo prendeva facendo un